31/03/18

Pasqua, le dieci opere d'arte più belle dedicate alla Resurrezione


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Pasqua, le dieci opere d'arte più belle dedicate alla Resurrezione

Con la figura di Cristo e con il sacro mistero rappresentato dalla sua esistenza si sono confrontati tutti i più grandi interpreti dell’arte occidentale. In occasione della Pasqua……
Da ”Resurrezione e Noli me tangere” di Giotto a ”La Risurrezione” di Carl Heinrich Bloch, ecco la top ten delle opere più belle che raccontano il tema della Resurrezione
MILANO – Con la figura di Cristo e con il sacro mistero rappresentato dalla sua esistenza si sono confrontati tutti i più grandi interpreti dell’arte occidentale. In occasione della Pasqua, dunque, non potevamo mancare di ripercorrere le opere che hanno raccontato il momento più alto di questo mistero: la Resurrezione. Da Giotto a  Carl Heinrich Bloch, ecco qui di seguito la top ten delle opere più belle e note dedicate a questo tema.


“Resurrezione e Noli me tangere” di Giotto – L’affresco fa parte della Cappella degli Scrovegni a Padova e fu realizzato tra 1303 e 1305. La scena è divisa in due parti. A sinistra vediamo il sepolcro scoperchiato e vuoto: sopra siedono due angeli, mentre a terra i soldati dormono. A destra, Maria Maddalena si inginocchia di fronte a Cristo risorto, che pronuncia la frase latina riportata dai vangeli: “Noli me tangere” (!Non mi toccare”). Mentre gli alberi a sinistra sono secchi e morti, a destra tornano rigogliosi, a simboleggiare il ritorno alla vita.



“Resurrezione di Cristo” di Piero Della Francesca – L’affresco fu eseguito da Piero Della Francesca, uno dei più importanti artisti del Quattrocento italiano, tra il 1450 e il 1463 nel palazzo del governo di Arezzo, oggi diventato Museo. La scena si apre in una cornice immaginaria – formata dal sepolcro, da due colonne e un architrave – che dà su un esterno. Qui, al centro, la figura di Cristo si solleva dal sepolcro, con aspetto solenne e sacrale e il vessillo crociato in mano. I soldati dormono alla base del sepolcro, creando così un contrasto con la divinità sempre vigile. Sullo sfondo, il paesaggio ha un aspetto invernale e spoglio a sinistra, rigoglioso a destra, a significare la continuità del ciclo della vita.



“Resurrezione di Cristo con Papa Alessandro VI inginocchiato” di Pinturicchio – Fa parte di una serie di opere di decorazione realizzate da Pinturicchio nei Palazzi Vaticani, e in particolare nelle stanze dell’Appartamento Borgia, tra 1492 e 1494. Cristo sorge dal sepolcro scoperchiato e si innalza in cielo con in mano il vessillo crociato, su uno sfondo dorato. La figura ha un atteggiamento sacrale, rigido, tipico dell’iconografia tradizionale. L’opera ha ispirato la “Resurrezione” di Raffaello.



“Resurrezione di Cristo” di Raffaello Sanzio – L’opera è un dipinto realizzato da Raffaello, grande maestro del nostro Rinascimento, nel 1501-1502, conservato oggi nel Museo d’Arte di San Paolo in Brasile. Al centro del quadro campeggia la figura del Cristo che si solleva da sepolcro scoperchiato e ascende al cielo. Le figure iniziano a mostrare una maggiore plasticità rispetto al modello del Pinturicchio, c’è una maggiore ricchezza di dettagli e i gesti sono più vivi, realistici, naturali. 



“Resurrezione di Cristo” di Tiziano – La “Resurrezione” è la scena centrale  del “Polittico Averoldi”, dipinto da Tiziano attorno al 1520-1522 e collocato  nella Collegiata dei Santi Nazaro e Celso a Brescia. La tipica iconografia della Resurrezione si combina qui con quella dell’Ascensione, con Cristo trionfante in cielo, mostrando come Tiziano abbia assimilato la lezione di Raffaello. La sua figura, sottolineata dall’illuminazione che lo inonda, mostra una perfezione anatomica vicina a quella delle statue greche.   



“Resurrezione di Cristo” di Domenico Ghirlandaio e Hendrik van den Broeck – Domenico Ghirlandaio fu uno degli artisti fiorentini che nel 1481 vennero chiamati a Roma da Papa Sisto IV per affrescare la Cappella Sistina. A lui vennero affidate due scene della vita di Cristo, la “Vocazione dei primi apostoli” e la “Resurrezione”. La sua opera purtroppo si danneggiò molto. Gli affreschi della Parete d’ingresso della Cappella Sistina vennero rifatti nella seconda metà del Cinquecento e Hendrik van den Broeck ridipinse la “Resurrezione” del Ghirlandaio.



“Resurrezione” di El Greco – Realizzata tra 1596 e 1600, la “Resurrezione” di El Greco è uno dei suoi grandi capolavori ed è oggi conservato al Prado di Madrid. Il dipinto presenta i tipici tratti visionari delle opere di El Greco, con forti contrasti tra luci e ombre, figure allungate e pallide, a creare un effetto di misticismo. I movimenti convulsi conferiscono drammaticità al quadro.



“Incredulità di San Tommaso” di Caravaggio – Il celebre dipinto, commissionato probabilmente dal banchiere Vincenzo Giustiniani, fu realizzato da Michelangelo Merisi tra 1600 e 1601. Raffigura l’apostolo San Tommaso che, incredulo, ispeziona il costato di Gesù Cristo risorto e infila un dito nella ferita. Altri due apostoli, da sopra la sua spalla, osservano la scena. Il quadro, come tutti quelli di Caravaggio, si contraddistingue per il suo estremo realismo, che non mancò di scandalizzare il suo stesso committente. Anche l’illuminazione è tipicamente caravaggesca, con un’unica fonte luminosa da sinistra che accentua l’“immersione” del dito. Il dipinto è oggi nella Bildergalerie di Potsdam.



“Resurrezione di Cristo” di Pieter Paul Rubens  – La Resurrezione è un trittico dipinto dal grande pittore fiammingo Ruben tra 1611 e 1612, nella Cattedrale di Nostra Signora di Anversa.  Tornato in Italia dopo un lungo periodo a Roma, Rubens dimostra di aver assimilato le novità portate nell’arte pittorica da Caravaggio, ma il suo stile è del tutto originale e non ha equivalenti in Italia.



“La Risurrezione” di Carl Heinrich Bloch – Dipinta da Carl Heinrich Bloch nella seconda metà dell’Ottocento,  la scena è campeggiata dal Cristo trionfante sulla morte che si innalza emergendo dal sepolcro. Ai suoi lati stanno due angeli in adorazione, dietro di lui i narcisi rappresentano la speranza e la rinascita. Sotto i suoi piedi, la pietra che un tempo conteneva il suo corpo si spezza, in primo piano giace l’elmo vuoto di un soldato. L’effetto è di grande potenza e sacralità.

Don Lorenzo Perosi (1872 – 1956) : La Resurrezione di Cristo

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Don Lorenzo Perosi (1872 – 1956) : 

La Resurrezione di Cristo

LorenzoPerosi 
 
 
La Resurrezione di Cristo, composta ed eseguita nel 1898, è certamente il capolavoro assoluto del sacerdote, compositore e organista Lorenzo Perosi (1872 – 1956).
Senza dubbio l’episodio dei vangeli al quale questo oratorio in due parti si riferisce predispone alla gioia più grande e alla fede fervente che riempie la seconda parte e che contrasta con la tristezza della prima parte: Dalla morte al sepolcro.
Quest’ultima usa il testo di Matteo (capitolo 27) mentre per la seconda parte, La Resurrezione, viene utilizzato il testo di Giovanni (capitolo 20).
La prima parte, per la natura del soggetto (che racconta l’agonia di Cristo sulla croce), è esclusivamente funebre, senza grande varietà di movimenti e di … vita.
Le preghiere, i rimpianti e i lamenti si susseguono e si assomigliano con grande contemplazione e narrazione ma con poco lirismo.
Forse si sarebbe preferito avere qualche pagina in più simile al coro del popolo che reclama delle guardie sulla tomba di Gesù o come il duetto delle due Marie, in perfetto stile italiano, che canta vicino al sepolcro.
Il resto ha molto meno fasto ma … questo non significa che abbia una bellezza minore.
Ad esempio nel Preludio di questa prima parte, a cui Perosi era particolarmente legato e che egli considerava come la porta d’ingresso, siamo immersi in un’atmosfera molto ricca di passione per tutti gli avvenimenti legati agli ultimi istanti dell’agonia di Cristo e alla sua passione.
Nella seconda parte (che racconta la risurrezione di Gesù), invece, tutto cambia, ad esempio nella nobiltà costante del racconto che non è più un recitativo monotono interrotto da accordi, ma un canto melodico continuo, pur restando semplice: grazie all’energia o alla dolcezza dell’intonazione degli accenti, alla chiarezza delle cadenze o, al contrario, alla loro incertezza, Perosi dà alle parole (apparentemente indifferenti) un senso profondo e una grande risonanza.
Ad ogni istante le parole sono rese in modo adeguato.
Il Preludio qui ha un’ampia sonorità, che culmina nell’Alleluja gregoriano del coro.
L’organico è formato da 7 solisti (3 soprani, contrarlo, tenore, 2 baritoni), coro e orchestra.

24/03/18

Bentornata Primavera :Filastrocca di Primavera (Gianni Rodari)

Filastrocca di primavera,
come tarda a venire la sera.
L’hanno vista ferma in un prato
dove il verde è rispuntato,
un profumo di viole in fiore
l’ha trattenuta un paio d’ore,
ha perso tempo lungo la via
presso un cespuglio di gaggia,
due bimbi con un tamburo di latta
hanno incantato la sera distratta.
Adesso è tardi, lo so bene:
ma però la sera non viene.

Bentornata Primavera : Antonio Vivaldi - La Primavera (appunto)

14/03/18

Hitler contro Picasso e gli altri (documentario)


Sono trascorsi 80 anni da quando il regime nazista mise al bando la cosiddetta "arte degenerata", organizzando nel 1937, a Monaco, un'esposizione pubblica per condannarla e deriderla e, contemporaneamente un'esposizione per esaltare la "pura arte ariana". In quei giorni cominciò la razzia, nei musei dei territori occupati e nelle case dei collezionisti e ebrei, di capolavori destinati a occupare gli spazi di quello che Hitler immaginava come il Louvre di Linz, rimasto poi solo sulla carta e a Carinhall, la residenza privata di Goering, l'altro grande protagonista del saccheggio dell'Europa. Il documentario raccoglie testimonianze dirette legate a storie che prendono il via dalle grandi mostre che a distanza di 80 anni, nel 2017, fanno il punto sull'arte trafugata, tra protagonisti di quegli anni, e ultime restituzioni.
 
Recensione di Rossella Farinotti
lunedì 12 marzo 2018


"L'avete fatto voi questo orrore, maestro?", chiede l'ambasciatore nazista Otto Abetz a Pablo Picasso davanti a Guernica. Picasso rispose: "No, è opera vostra".
Quando si parla di arte, quella vera, c'è spesso in latenza un sentimento di giustificazione del perché la si crea, o perché la si vuole possedere. Questo film narra lucidamente delle tematiche drammatiche che via via stanno andando nel dimenticatoio: la vicenda del nazismo e le sue conseguenze. E la narra da un punto di vista preciso, di cui non si è molto parlato: il trafugamento delle opere d'arte in quel periodo e la gara - dettata dall'ego e dal potere - di due personaggi tragici e surreali come Adolph Hitler e Hermann Göring nell'averla tutta per loro.
Un Bellini a te e un Botticelli a me; un Matisse nella tua magione e io mi prendo un Van Eyck. Sembra sia andata proprio così in Hitler contro Picasso e gli altri, film documentario prodotto da Nexo Digital con la collaborazione di Sky Arte.
Si scoprono gli altarini di una guerra che ha portato morte, disperazione e ancora morte. Un decadimento dell'essere umano e delle sue espressioni più alte. Perché l'arte - i dipinti, le sculture, le produzioni monumentali e architettoniche, uniche e irripetibili, delle nostre città europee - è ciò che, di fatto, rimane nella storia. L'arte è la testimonianza della nostra esistenza. Per questo motivo Christopher A. Marinello, avvocato italo americano di stanza a Venezia, ha deciso di lottare per la riacquisizione dei patrimoni artistici di alcune famiglie depredate dai nazisti, e isolate - e spesso cancellate - nei campi di concentramento.
Hitler contro Picasso e gli altri è un progetto ambizioso e ricco di documentazione e materiali d'archivio interessanti e poco scandagliati. Il giovane regista Claudio Poli (Cremona, 1986) ha realizzato un percorso che andrebbe guardato e studiato più volte, perché le tematiche trattate sono diverse e girano tutte intorno al saccheggio di incredibili opere d'arte da collezioni private, fondazioni, musei e chiese - un esempio per tutti: il polittico de L'Agnello Mistico, il capolavoro realizzato dai fratelli van Eyck per la Cattedrale di Ghent, che Hitler fece sparire - con dei focus incentrati su alcuni episodi particolari: dal ritrovamento, nel 2012, della collezione Cornelius Gurlitt, alla mostra - diventata successivamente iconica e fondamentale per la storia dell'arte contemporanea e la sua curatela - sull'arte degenerata del luglio 1937. Un'esposizione che rilevò più di 2 milioni di visitatori.
Gli artisti in mostra, quei personaggi straordinari denigrati dai nazisti, erano Emile Nolde, Oskar Kokoschka, Pablo Picasso, Paul Klee, Max Beckmann - qui relegato ma, di fatto, comprato e presente nei salotti borghesi tedeschi -, Otto Dix, Georg Grosz, Marc Chagall e il Cavaliere Azzurro, il gruppo nordico della Die Brüke, El Lissitzky, Henri Matisse, Eduard Munch, tra gli altri... in questo contesto gli artisti venivano usati per indicare le debolezze e i difetti della società contemporanea, con uno sguardo particolare nei confronti di alcune minoranze e, soprattutto, degli ebrei, presi di mira sotto ogni aspetto. Quasi contemporaneamente alla mostra "degenerata", Hitler cura, come contrappunto di arte "positiva" ed esemplare, la Grande Esposizione di Arte Germanica, sottolineando la sua ossessione per il prodotto artistico anche come veicolo del partito e della razzia in atto per incentivare l'importanza della razza ariana.

Le collezioni delle famiglie ebree sono qui scandagliate e il racconto si fa più cupo e interessante quando passano in rassegna le opere faticosamente recuperate. L'esempio più noto è La donna seduta di Matisse, scovato nella collezione Gurlitt e, grazie al lavoro di mediazione di Marinello, restituita alla famiglia Rosenberg, grandi collezionisti che persero tutto durante la guerra, tra la fuga e il campo di concentramento. E poi ancora le riprese di mostre-simbolo come "Gurlitt: Status Report" divisa tra "Arte degenerata - confiscata e venduta" presso il Kunstmuseum di Berna e "Il furto d'arte dei nazisti e le sue conseguenze" alla Bundeskunsthalle di Bonn, entrambe del 2017; "21 rue La Boétie a Parigi" e "Looted Art - Before, during and afetr WWII", a Deventer.

Un'operazione complessa che prova a chiarire vicende drammatiche che ancora non sono state risolte, perpetuando una memoria che non può essere cancellata e che, grazie alla squadra che ha portato alla realizzazione del film, rappresenta l'inizio di un percorso che deve essere ancora sviluppato


 https://www.mymovies.it/film/2018/hitler-contro-picasso-e-gli-altri/

05/03/18

A Silvia (Giacomo Leopardi)



Composto tra il 19 e il 20 aprile del 1828, il canto A Silvia è il primo dei cosiddetti “grandi idilli”. Silvia, comunemente identificata in Teresa Fattorini, è la figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta giovanissima di tubercolosi il 30 settembre del 1818. Giacomo Leopardi parla della donna come di una giovane amica con cui ha condiviso i sogni e le fatiche dell’adolescenza e che, morta così precocemente, diventa simbolo di una sconsolata visione della vita.


A Silvia (Giacomo Leopardi)




Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?

Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.

Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.

Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?

Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore

Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.