24/12/16

Auguri Pavarotti - Domingo : Adeste Fideles


  
LUCIANO PAVAROTTI e PLACIDO DOMINGO cantano ADESTE FIDELES.
it.wikipedia.org

Adeste fideles - Wikipedia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Adeste fideles — versione strumentale

Adeste fideles è un canto natalizio di cui non esistono prove sufficienti per attribuirne la paternità ad un nome preciso. L'unica certezza che emerge dalla documentazione esistente è il nome del copista, cioè di colui che trascrisse materialmente il testo e la melodia: sir John Francis Wade, che lo avrebbe trascritto da un tema popolare irlandese[1] nel 1743-1744 per l'uso di un coro cattolico, a Douai, cittadina nel nord della Francia, a quel tempo importante centro cattolico di riferimento e di rifugio per i cattolici perseguitati dai protestanti nelle Isole britanniche.
Il testo del canto è costituito da otto strofe di cui solo la I, V, VI e VII furono trascritte da Wade. Le strofe II, III e IV vennero composte da Étienne-Jean-François Borderies nel 1794 e una VIII da un anonimo. Qui di seguito sono riportate le prime quattro strofe più conosciute.[2]

Testo

Versione originale in latino

« Adeste fideles læti triumphantes,
venite, venite in Bethlehem.
Natum videte Regem angelorum.
Venite adoremus
Venite adoremus
Venite adoremus Dominum.
En grege relicto humiles ad cunas,
vocati pastores adproperant,
et nos ovanti gradu festinemus.
Venite adoremus,
Venite adoremus,
Venite adoremus Dominum.

Æterni Parentis splendorem æternum,
velatum sub carne videbimus,
Deum infantem pannis involutum.
Venite adoremus,
Venite adoremus,
Venite adoremus Dominum.

Pro nobis egenum et fœno cubantem
piis foveamus amplexibus;
sic nos amantem quis non redamaret?
Venite adoremus,
Venite adoremus,
Venite adoremus Dominum. »

Versione in italiano

« Venite Fedeli, l'angelo ci invita
venite, venite a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo, venite adoriamo, venite adoriamo,
il Signore Gesù.

La luce del mondo brilla in una grotta:
la fede ci guida a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo, venite adoriamo, venite adoriamo,
il Signore Gesù.

La notte risplende, tutto il mondo attende:
seguiamo i pastori a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo, venite adoriamo, venite adoriamo,
il Signore Gesù.

Il Figlio di Dio, Re dell’universo,
si è fatto bambino a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo, venite adoriamo, venite adoriamo,
il Signore Gesù.

Sia gloria nei cieli, pace sulla terra
un angelo annuncia a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo, venite adoriamo, venite adoriamo,
il Signore Gesù. »

Versione inglese (O Come All Ye Faithful)

Molto famosa è anche la versione in lingua inglese, intitolata O Come All Ye Faithful: questa versione fu scritta - limitatamente alle prime 4 strofe[4] - nel 1841[5] o 1852[4] dal pastore della Chiesa d'Inghilterra Frederick Oakeley (1802-1880), inizialmente con il titolo di Ye Faithful, Approach Ye[5], titolo poi cambiato in quello attuale dopo la conversione dell'autore al Cattolicesimo.[5] Le strofe 5, 7 e 8 furono poi tradotte da William Thomas Brooke (1848-1917) e la sesta strofa da Owen West e da Michael W. Martin.[4]
O come, all ye faithful,
joyful and triumphant!
O come ye, O come ye to Bethlehem;
Come and behold him
Born the King of Angels:
O come, let us adore Him, (3×)
Christ the Lord.
God of God, light of light,
Lo, he abhors not the Virgin's womb;
Very God, begotten, not created:
O come, let us adore Him, (3×)
Christ the Lord.
Sing, choirs of angels, sing in exultation,
Sing, all ye citizens of Heaven above!
Glory to God, glory in the highest:
O come, let us adore Him, (3×)
Christ the Lord.
Yea, Lord, we greet thee,
born this happy morning;
Jesus, to thee be glory given!
Word of the Father, now in flesh appearing!
O come, let us adore Him, (3×)
Christ the Lord.

22/05/16

Musica antica : Handel, Sammartini

VIDEO 1 : Sonata HWV 363b, Allegro - G. F. Handel

VIDEO 2 : Trio Sonata per flauto traverso,oboe e continuo, Allegro - G. B. Sammartini

IL ROSSIGNOLO


Marc-Antoine Charpentier


Marc-Antoine Charpentier /maʁk ɑ̃ˈtwan ʃaʁpɑ̃ˈtje/ (Parigi, 1634 circa – Parigi, 24 febbraio 1704) è stato un compositore francese del periodo barocco e probabilmente il massimo esponente della musica sacra francese del suo periodo tanto da venir soprannominato dai suoi contemporanei "la fenice di Francia".

Biografia

Marc-Antoine Charpentier nacque all'incirca nel 1634 nella diocesi di Parigi, corrispondente all'attuale regione dell'Île-de-France, senza che, tuttavia, si sia in grado di localizzare l'esatta posizione.
Ricevette un'educazione molto valida, forse grazie all'aiuto dei Gesuiti, ed all'età di diciotto anni s'iscrisse presso la scuola di legge a Parigi[1] da cui, però, si ritirò dopo circa un semestre. I due o tre anni successivi (forse tra il 1667 ed il 1669) li passò a Roma a studiare musica sotto la direzione di Giacomo Carissimi. Frequentò il Collegium germanicum a Roma e perfezionò la conoscenza del contrappunto e della polifonia italiana sia dalle composizioni del maestro Carissimi che da quelle di altri autori quali Monteverdi e Victoria. Da Carissimi, in particolare, assimilò e portò in Francia il genere dell'oratorio.
Durante questo periodo entrò in contatto col poeta e musicista Charles Coypeau d'Assoucy, allora compositore per conto dell'ambasciata di Francia a Roma. Una leggenda afferma che Charpentier andò inizialmente a Roma per studiare pittura e che lì fu scoperto da Carissimi. Tale vicenda non trova, però, alcun supporto documentale ed è ritenuta probabilmente non vera. I suoi 28 volumi di manoscritti autografi non contengono alcun disegno sebbene presentino esempi di considerabile abilità nel tracciare gli arabeschi utilizzati dagli scribi professionisti. Dalla sua permanenza a Roma, invece, trasse una solida conoscenza della pratica musicale italiana dell'epoca la quale venne poi riportata in Francia.
Tornato a Parigi, frequentò gli ambienti italianizzanti e si trovò in polemica con i sostenitori di uno stile musicale squisitamente francese che vedevano in Lully il loro massimo esponente. Alloggiò per quasi vent'anni presso la dimora di Maria di Lorena (detta Mademoiselle de Guise), principessa di Joinville, duchessa di Joyeuse e di Guise, in rue du Chaume.
Ella era nipote di Enrico di Guisa, il quale venne fatto assassinare per ordine d'Enrico III, ed era tanto amante della musica da far alloggiare presso la propria casa dei musici e dei cantori. Charpentier venne assunto in qualità di compositore e di cantante avente voce haute-contre.
Nella capitale francese entrò in contatto con Molière e, successivamente, con Corneille con i quali collaborò nelle opere teatrali ed in ciò si scontrò col monopolio che Lully esercitava (in effetti nel 1672 Lully comprò da Pierre Perrin il privilegio reale che consentiva il controllo dell'opera in tutta la Francia).
La dittatura che Lully esercitò nel mondo musicale segnò la sua rottura con Molière che scelse nel 1672 Charpentier come musicista e così nacquero tra le altre: Le malade imaginarie (una comedie-ballet), Le mariage forcé, La comtesse d'Escarbagnas.
La vita per i due non fu comunque facile vista la forte opposizione di Lully che pian piano fece diminuire il numero degli strumentisti e dei cantanti a disposizione dei gruppi teatrali diversi dal suo. La collaborazione con Molière, comunque, non durò molto in quanto il commediografo morì nel 1673.
Il fortissimo monopolio operistico di Lully perdurerà fino alla sua morte, avvenuta nel 1687 a seguito di una ferita che, involontariamente, si inflisse con il bastone che utilizzava per dirigere e che degenerò in gangrena.
Nonostante la forte opposizione di Lully, Charpentier non smise di dedicarsi alle pieces teatrali e prese a collaborare, nel 1682, con Thomas Corneille, Jean Donneau de Visé e con Pierre Corneille. Con i primi due scrive delle pièces à machines (Circé H.496 e L'inconnu H.499). Nello stesso anno scrive una nuova musica di scena per le repliche d'Andromede (H.504) di Pierre Corneille.
Nel 1693 venne rappresentata la sua unica tragédie-lyrique, su libretto di Thomas Corneille: Médée H.491. Essa, all'epoca, non ricevette grandi consensi ed in qualche caso venne perfino criticata; oggi viene ritenuta una delle migliori opere teatrali del periodo. Il resto dell'attività teatrale di Charpentier si concentrò soprattutto sulla commedia (Comédie-Francaise).
Nel 1679 ottenne l'incarico di scrivere le composizioni, presso Saint-Germain, per le cerimonie religiose del Delfino di Francia (unico figlio ancora in vita di Luigi XIV e Maria Teresa d'Asburgo).
La sua fama di compositore, in quest'ambito, si fece notevole tant'è che lo stesso re volle partecipare alle cerimonie per poter ascoltarne le opere. Le composizioni scritte per il Delfino sono sostanzialmente dei piccoli mottetti in genere a due soprani, un basso e due strumenti (in genere due flauti suonati dai fratelli Anthoine e Joseph Pièche).
Nel 1680 Charpentier fu nominato maestro di musica presso le Duchessa de Guise (incarico che manterrà fino alla morte di costei avvenuta nel 1688) e ricevette incarichi dai due conventi: Port-Royal de Paris e l'Abbaye-aux-Bois.
Per le suore di Port-Royal de Paris scrisse: la Messe H.5, il Pange lingua H. 72, il Magnificat H.81, il Dixit Dominus H.226 ed il Laudate Dominum H.227. Per l'Abbaye-aux-Bois, invece, scrisse un importante ciclo di composizioni per la Settimana Santa: le Leçons de ténèbres (H. 96-110) ed i Répons (H.111-119).
Nell'aprile del 1683 venne indetto un concorso per le nomine di alcuni maestri di musica presso la cappella reale. Dopo esser riuscito a superare la prima prova insieme ad altri 15 candidati, cadde malato e non poté partecipare alla seconda parte del concorso che prevedeva la composizione di un mottetto sul testo del salmo XXXI. Luigi XIV, comunque, compensò Charpentier con una pensione.
Non è ben chiara la notizia della malattia del compositore. Sembrerebbe ch'essa fosse una sorta di pretesto attuato per allontanare dalla corte reale un personaggio tutto sommato non molto apprezzato per alcune sue caratteristiche. In effetti, Charpentier mantenne sempre degli ottimi contatti con l'ordine dei Gesuiti ed a differenza di molti musicisti non era uno strumentista virtuoso ma solamente un cantante per giunta avente uno stile compositivo assai severo. A ciò si aggiunga la frequentazione della famiglia Guise, rivale del re.
Il 30 luglio 1683 Charpentier venne chiamato a produrre dei brani per la morte della regina Maria Teresa. Nacquero così: In obitum augustissimae nec non piissimae Gallorum Reginae Lamentum H.409, il De profundis H.189 e il Luctus de morte augustissimae Mariae Theresiae reginae Galliae H.331.
Dal 1688 al 1698 fu maestro di musica presso il collegio gesuitico di Saint Louis-le-Grand in rue Antoine. Per le celebrazioni religiose che si tennero presso la chiesa di Saint Louis scrisse brani di vario tipo destinandoli alle diverse funzioni: salmi, inni, mottetti, ecc.
Il 28 giugno 1698 venne nominato maestro di musica per i bambini presso la Saint-Chappelle. L'incarico fu oneroso in quanto Charpentier non solo dovette produrre musica per tutte le cerimonie religiose ma anche insegnare ai bambini solfeggio e canto.
Charpentier si spense, presso l'abitazione della Saint-Chappelle, il 24 febbraio del 1704 verso le sette del mattino.


Prelude dal "Te Deum"
Mabellini Brass Consort

Il secondo figlio di Bach : Emanuel Bach





Carl Philipp Emanuel Bach (Weimar, 8 marzo 1714Amburgo, 14 dicembre 1788) è stato un compositore, organista e clavicembalista tedesco, era il secondo e più famoso dei venti figli del celebre compositore Johann Sebastian Bach.

Biografia

Battezzato Carolus Philippus Immanuel, era il secondo figlio maschio di Johann Sebastian Bach e della sua prima moglie Maria Barbara. Georg Philipp Telemann fu suo padrino di battesimo. Nel 1717 con la famiglia si recò a Köthen, dove il padre prese il posto di maestro di cappella. Dopo la morte della madre, avvenuta nel 1720, fu a Lipsia, dove Johann Sebastian diventò Thomaskantor nella primavera del 1723. A dieci anni fu ammesso come studente alla Chiesa di San Tommaso; presso questa scuola fu allievo del padre, dal quale ricevette lezioni di tastiera e organo. Intraprese anche lo studio del violino e della viola, ma ebbe non poche difficoltà nel suonarli a causa del suo mancinismo.
Dal 1731 al 1734 studiò giurisprudenza all'Università di Lipsia. Dopo esser stato rifiutato come organista a Naumburg, nel settembre del 1734 si trasferì a Francoforte sull'Oder, dove entrò all'Università Viadrina; nel 1738 decise di concludere la sua carriera accademica per dedicarsi solamente a quella musicale.
Quindi nel 1740 fu nominato clavicembalista della cappella del re prussiano Federico II il Grande (non si sa se prima o dopo l'incoronazione del re prussiano avvenuta il 31 maggio 1740); precedentemente per un certo periodo prestò servizio anche presso le cappelle dello stesso re a Ruppin e a Rheinsberg, dove studiò con l'allora maestro di cappella Carl Heinrich Graun e con il fratello Johann Gottlieb Graun. In questo periodo diventò uno dei clavicembalisti più noti d'Europa. Egli prestò continuamente l'attività di accompagnatore al clavicembalo di Federico II, flautista dilettante, dal 1740 al 1755 con uno stipendio iniziale di 300 talleri, che successivamente incrementò. Tuttavia Bach era ben lungi nell'arrivare a guadagnare come i suoi colleghi cantanti e concertisti (come Johann Joachim Quantz), i quali venivano ricompensati con stipendi notevolmente maggiori.
Contemporaneamente all'attività clavicembalista egli si dedicò profondamente alla composizione; infatti le sue composizioni, che nel 1731 ammontavano già a circa 30 sonate e vari concerti per il suo strumento preferito, in questo periodo furono numerose: egli compose le Preußische Sonaten nel 1742 per Federico il Grande, le Württembergische Sonaten nel 1744 per il granduca di Württemberg, il Magnificat nel 1749, le Cantate di Pasqua nel 1756 e molte sinfonie, concerti e altri lavori sacri.
Nel 1743 egli prese la gotta, che gli causò problemi per tutta la vita, e l'anno seguente si sposò con Johanna Maria Dannemann, figlia di un mercante berlinese di vino, dal quale matrimonio ebbe tre figli, fra i quali si ricorda Johann Sebastian (1748-1778), il più giovane dei tre, che diventò pittore. Il 7 maggio 1747 vi fu il famoso incontro a Potsdam tra Johann Sebastian e il re prussiano, per il quale il padre aveva composto e dedicato l'Offerta Musicale BWV 1079. Tuttavia questo avvenimento non portò alcun miglioramento al posto che Carl Philipp Emanuel teneva a corte. Nel 1751 si recò a Bückeburg, dove dall'anno precedente era impiegato il fratellastro Johann Christoph Friedrich Bach come musicista di corte, e successivamente a Schaumburg-Lippe, dove dedicò al conte Wilhelm Friedrich Ernst, suo amico d'infanzia, due suoi trii. Sempre nello stesso anno fece visita al compositore Johann Mattheson ad Amburgo e forse anche al padrino Telemann.
Dopo la morte del padre, egli non riuscì a prendere il suo posto di Thomaskantor a Lipsia, ottenendo solamente quello di organista a Zittau nel 1753. Questo anno vide anche la pubblicazione della prima parte del suo trattato più noto, Versuch über die wahre Art das Clavier zu spielen (la seconda parte fu pubblicata sempre a Berlino nel 1762), un trattato sul modo di suonare il clavicembalo all'epoca in Germania. Nel 1755 il suo stile lezioso fu duramente criticato dal teorico e compositore tedesco Christoph Michelmann nel proprio scritto Die Melodie, nach ihrem Wesen sowohl, als nach ihren Eigenschaften. Questo contrasto fra i due compositori si concluse con l'uscita di Michelmann dalla corte berlinese e con la riduzione dello stipendio di Bach a 200 talleri.
Successivamente, attorno al 1760, dedicò alcune sonate e concerti per organo alla duchessa Anna Amalia di Brunswick-Wolfenbüttel. Tra il 1762 e il 1764 scrisse la maggior parte delle sue sinfonie e nel 1763 celebrò il Trattato di Hubertusburg, che concluse le ostilità della guerra dei sette anni tra Austria e Prussia, componendo la marcia h621(w188).
Nel marzo del 1768 successe a Telemann, morto il 25 giugno 1767, nella carica di direttore della musica e di cantore presso il Johanneum di Amburgo; per aver ricevuto tale posto fu soprannominato il Hamburghischer Bach (Bach Amburghese). Durante il periodo amburghese (l'ultimo della sua vita) si dedicò principalmente alla composizione di musica sacra: infatti l'anno successivo portò a termine il suo oratorio Die Israeliten in der Wüste e tra il 1769 e 1788 mise in musica 20 passioni, un secondo oratorio, Die Auferstehung und Himmelfahrt Jesu, nonché 70 cantate, litanie, mottetti e altri lavori sacri. Per il clavicembalo scrisse sei volumi di sonate per gli intenditori e gli amatori. Egli morì nel 1788 ad Amburgo e qui fu sepolto nella Chiesa di San Michele. Dopo la sua morte i poeti Friedrich Gottlieb Klopstock e Johann Wilhelm Ludwig Gleim gli dedicarono un necrologio poetico.

Considerazioni sull'artista

Nella sua musica possono essere riscontrati i primi elementi del romanticismo, caratteristica che lo segnala come un compositore vincolato al Classicismo.
Durante la seconda metà del XVIII secolo la reputazione di Bach rimase molto elevata. Wolfgang Amadeus Mozart, il quale ebbe rapporti con il fratello Johann Christian Bach disse di Carl Philipp: "Egli è il padre, noi siamo i figli". La maggior parte dell'apprendimento musicale di Franz Joseph Haydn deriva dallo studio dei lavori del Bach di Amburgo. Ludwig van Beethoven ammirò e stimò profondamente il suo genio. Egli si occupò principalmente delle sue sonate per clavicembalo, le quali incisero in un'importante epoca nella storia della forma musicale. Lucide nello stile, delicate e morbide nell'espressione, in esse si denota libertà e varietà nella struttura; tuttavia non presentano un esatto contrasto formale, il quale, attraverso i compositori della scuola italiana, fu consolidato in una convenzione e sostituito da uno schema più flessibile, che venne maggiormente sviluppato dai grandi maestri della Scuola Viennese.
Il contenuto dei suoi lavori, sebbene sia carico di invenzioni, lascia un raggio emozionale abbastanza limitato, ma schietto. Fu probabilmente il primo compositore che fece uso di colori armonici per gusto personale dal tempo di Claudio Monteverdi, Orlando di Lasso e Carlo Gesualdo. Egli spianò quella strada che fu presa anche dai pionieri della Prima Scuola Viennese. Nel XIX secolo non fu particolarmente considerato; tuttavia compositori come Robert Schumann e Johannes Brahms, il quale tra l'altro pubblicò qualche suo lavoro, ebbero grande rispetto verso di lui. Tornato in auge il secolo scorso, attualmente esistono numerose incisioni dei suoi lavori.



MARCH " FUR DIE ARCHE"
Mabellini Brass Consort

15/05/16

Strumenti musicali : Sax Soprano

Il sassofono soprano è la voce sopranile della famiglia dei sassofoni.
Si tratta di uno strumento traspositore in Si. La sua estensione reale va dal La♭4 al Mi7 (gli ultimi modelli arrivano al Fa7), ma, come per tutti i sassofoni, viene scritta dal Si♭4 al Fa♯7(per gli ultimi modelli Sol7).
Normalmente diritto, il soprano esiste anche in versione curva e semicurva (chiamata talvolta saxello)[1]. I problemi di costruzione (i fori portavoce sono molto piccoli) lo hanno reso per molto tempo uno strumento con gravi problemi d'intonazione limitandone l'uso. Oggi, grazie al miglioramento delle tecniche di costruzione, il problema dell'intonazione è stato superato negli strumenti di media e ottima qualità. Nella musica moderna è tornato in auge a partire dagli anni quaranta, grazie a Sidney Bechet e John Coltrane. Negli ultimi anni, a parte l'uso molto frequente nell'ambito del jazz, viene molto spesso usato per assoli anche in brani di musica leggera (…e dimmi che non vuoi morire di Patty Pravo, Roxanne dei Police o Viaggi e miraggi di Francesco De Gregori). Il timbro è tipicamente nasale e sottile. Si tratta del più acuto sassofono di uso comune.

Panis Angelicus


Panis Angelicus è il primo verso della penultima strofa dell'inno latino Sacris solemniis, composto da San Tommaso d'Aquino. L'inno fa parte di una liturgia completa da lui scritta per la solennità del Corpus Domini, sia per la Messa che per l'Ufficio.

La strofa che comincia con le parole Panis angelicus ("pane degli angeli") è stata spesso musicata separatamente dal resto dell'inno. La versione più famosa è quella di César Franck, che nel 1872 scrisse una partitura per tenore, organo, arpa, violoncello e contrabbasso; in seguito incorporò l'inno nella sua Messe à trois voix (Op. 12). La sua esecuzione più celebre fu quella di John McCormack al Phoenix Park di Dublino, ma l'inno è stato cantato, tra gli altri, da Luciano Pavarotti, Plácido Domingo, Roberto Alagna, come anche dai soprani Magda Olivero e Renata Tebaldi.

Il fenomeno per cui una strofa di Sacris solemniis è stata presa separatamente dal resto del canto è accaduto anche con altri inni dell'Aquinate per il Corpus Domini: Verbum supernum prodiens (le cui ultime due strofe iniziano con O salutaris Hostia) e Pange lingua (le cui ultime due strofe iniziano con Tantum ergo).Il testo
(LA)

« Panis angelicus
fit panis hominum;
dat panis caelicus
figuris terminum;
O res mirabilis:
manducat Dominum
pauper, servus et humilis.

Te, trina Deitas
unaque, poscimus:
sic nos tu visita,
sicut te colimus;
per tuas semitas
duc nos quo tendimus,
ad lucem quam inhabitas.
Amen. »

 (IT)

« Il pane degli angeli
diventa pane degli uomini;
il pane del cielo
dà fine a tutte le prefigurazioni:
qual meraviglia!
il servo, il povero, l'umile
mangia il Signore.

Chiediamo a Te,
Dio uno e trino,
di visitarci,
come noi Ti adoriamo.
Per le Tue vie
portaci dove tendiamo,
alla luce in cui tu abiti.
Amen. »


 

22/04/16

Hang, lo strumento a forma di UFO (mio video)


 

 

 

 Hang


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Hang
Panart-freies-integrales-hang.jpg
Un Hang visto da varie angolazioni
Informazioni generali
Origine Svizzera
Invenzione 2000
Inventore Felix Rohner e Sabina Schärer
Classificazione 111.24 Idiofoni a percussione diretta
Uso
Musica folk
Genealogia
 Antecedenti
Steel pan
Ascolto
Menu
0:00
Hang della prima generazione (info file)
Lo hang è uno strumento musicale idiofono in metallo creato in Svizzera dalla PANArt e prodotto dal 2000.

Descrizione

Lo hang è composto da due semisfere appiattite in acciaio temperato che, unite, gli conferiscono la tipica forma lenticolare. Ha un diametro di 53 cm ed un'altezza di 24 cm. Nella parte superiore troviamo una protuberanza centrale e sette piccole cavità laterali, la parte inferiore è liscia con un'apertura al centro.
Queste sette cavità sono frutto del lavoro dell'artigiano che produce una scala intonata ad una nota diversa per ogni strumento. Qualora la nota di riferimento dovesse essere la stessa, la scala sarà diversa.
Essendo strumenti numerati in serie, la peculiarità sta nel fatto che ogni scala non ha una sequenza fissa ma ognuno avrà una scala musicale che differisce da tutti gli altri.
Viene suonato con il polso, il palmo e le dita delle mani. La parola hang, nel dialetto di Berna, indica la mano.
L'italiano Tullio De Piscopo ha utilizzato bacchette costruite appositamente per percuotere e ottenere diverse sfumature del suono in suoi numerosi concerti.
Il suono è metallico ma, rispetto allo steel pan, risulta essere più caldo e leggero. Generalmente viene suonato tenendolo appoggiato sulle ginocchia, talvolta può anche essere utilizzato un supporto.

Storia

Lo hang è il frutto dell'esperienza e della ricerca di due artigiani di Berna, Felix Rohner e Sabina Schärer, che già negli anni novanta producevano steelpan e studiavano le percussioni etniche di varie parti del mondo. Nel 2000 hanno messo a punto il primo modello di hang, presentato l'anno successivo alla fiera musicale di Francoforte.
Nel corso degli anni si sono succedute almeno tre "generazioni" di strumenti, che hanno apportato numerose modifiche rispetto ai primi modelli.

0:00
Hang della prima generazione (2005) suonato orizzontalmente
Low hang 2005 horizontal.jpg
0:00
Hang della seconda generazione (2007) suonato verticalmente
2nd gen hang 2007 vertical.jpg

Handpan

Nel corso degli ultimi anni sono nate altre imprese artigiane che producono strumenti simili allo hang, tuttavia i materiali e il suono differiscono sensibilmente da quest'ultimo. Dal momento che hang è un marchio registrato, questi strumenti vengono chiamati con il nome generico di handpan.
I più noti sono il Bellart BElls, prodotto in Spagna, il Caisa, prodotto in Germania, lo Halo, prodotto negli Stati Uniti,lo Spacedrum, prodotto in Francia, lo SpB, prodotto in Russia e il Disco Armonico prodotto in Italia. Alcuni, come lo steel tongue drum, pur essendo dichiaratamente ispirati allo hang, hanno una modalità completamente diversa di produzione dei diversi suoni (attraverso "lingue metalliche" ricavate nella calotta).

12/02/16

In ricordo della mia seconda madre

Inauguro questo mio nuovo blog tristemente, con il ricordo della scomparsa della mia seconda madre avvenuta un anno fa. 

Da allora la mia vita è cambiata.

Mille pagine non basterebbero a descrivere tutto quello che penso e che abbiamo passato.

Lascerò quindi la parola alla musica ed alle immagini.

 

 http://mysteriumworld.blogspot.it/

02/01/16

MIO VIDEO : La vita è bella (colonna sonora film)



 

 Colonna sonora

La colonna sonora è di Nicola Piovani, per la quale è stato insignito dell'Oscar alla migliore colonna sonora nel 1999. Il brano La vita è bella è stato successivamente ripreso (con l'aggiunta del testo) dalla cantante israeliana Noa, con il titolo di Beautiful That Way.


Coro"Città di Pistoia"
Direttore : Gianfranco Tolve

Attivo nell'Associazione Artistico-Culturale "Città di Pistoia" dall'atto della sua fondazione, nel 1981, il Coro misto è formato da circa 30 elementi. Ha un repertorio che spazia dalla musica rinascimentale a quella contemporanea (non disdegnando il repertorio tradizionale, popolare, spiritual). comprendendo brani a carattere sacro e profano, a cappella o con strumenti. In quanto espressione principale dell'Associazione "Città di Pistoia" ha collaborato all'organizzazione della Rassegna Corale Internazionale "Città di Quarrata", alla quale negli anni hanno partecipato interessanti compiessi corali provenienti da tutta Italia e da varie nazioni straniere. con repertori assai variegati. Negli ultimi anni, questa attività 51 è trasferita nell'organizzazione della rassegna internazionale "Don Batignani" (In onore del compianto parroco della Chiesa della Madonna dell'Umiltà), che ospita, ogni anno, in varie chiese di Pistoia, concerti di gruppi corali e orchestrali provenienti da tutta Europa. Il Coro ha partecipato a importanti iniziative in collaborazione con enti e associazioni musicali quali, fra le altre, il Coro Regionale Toscano, la Fondazione "Guido d'Arezzo", l'Accademia Musicale "Chigiana" e, negli ultimi anni, l'Orchestra Promuslca. Sin dagli inizi, il Coro "Città di Pistoia" ha avuto un'attività concertistica varia e intensa, anche ai di fuori del territorio pistoiese, con frequenti tournées e concerti in molte regioni italiane e all'estero (Francia, Inghilterra, Germania, Rep. Ceca, Polonia, Spagna, Stati Uniti), grazie ai numerosissimi scambi con associazioni corali o in rappresentanza del Comune di Pistola. Forte è l'impegno per la valorizzazione degli autori pistoiesi del passato (Vincenzo Manfredini e Giovanni Pacini) o contemporanei (Dino Menichetti, noto compositore pontificio), anche con varie prime assolute. Da vari anni, la sua attività si è aperta anche all'opera lirica, prendendo parte a realizzazioni di opere di Pucclni, Rossini, Donizetti e Verdi. La partecipazione a manifestazioni teatrali e sceniche non si esaurisce con l'opera lirica: Il Coro è stato scelto come "cornice sonora" della sfilata di bambole di seta dello stilista Maurizio Galante, prima all'inaugurazione di Pitti Uomo, poi a Parigi nell'ambito delle Soirées Nomades presso la Fondazione Cartier e, infine, in Lussemburgo. Il Coro "Città di Pistoia" si è anche esibito come supporter musicale in varie messinscene di gruppi teatrali cittadini e ha avuto l'onore di essere scelto per la partecipazione alla fabula in musica” La variante di Luneburg”, magistralmente interpretata da Milva al Teatro Manzonl di Pistoia. intensa è sempre stata anche la collaborazione con enti e associazioni locali: il coro, infatti, ha partecipato alle iniziative che fanno parte del progetto comunale "Studiare a Pistoia", supportando il Comune nell'organizzazione di concerti per gruppi corali e orchestrali studenteschi stranieri. Ha al suo attivo numerosissime  partecipazioni a eventi organizzati dal Comune di Pistoia e da vari Enti e Associazioni (Caript, Fondazione Banche di Pistoia e Vignole, Conad, CNA, Amici dell'Opera, Centro Donati e Associazione Stammittschl, In occasione di ricorrenze civili e religiose o di manifestazioni culturali e di beneficenza. Per questo suo impegno culturale In Italia e all'estero, è stato insignito nel 2009 del Premio "la Pira" alla Cultura. Dedicatosi al settore della competizione corale, Il Coro "Città di Pistola" ha vinto negli anni diversi premi in Concorsi nazionali e internazionali.


Smile, without a reason why
Love, as if you were a child
Smile, no matter what they tell you
Don't listen to a word they say
'Cause life is beautiful that way

Tears, a tidal-wave of tears
Light that slowly disappears
Wait, before you close the curtain
There's still another game to play
And life is beautiful that way

Here, in his eyes forever more
I will always be as close
as you remember from before.

Now, that you're out there on your own
Remember, what is real and
what we dream is love alone.

Keep the laughter in your eyes
Soon, your long awaited prize
We'll forget about our sorrow
And think about a brighter day
'Cause life is beautiful that way

We'll forget about our sorrow
And think about a brighter day
'Cause life is beautiful that way

There's still another game to play
And life is beautiful that way 


TRADUZIONE :

Sorridi,senza una ragione
Ama,come se fossi un bambino
Sorridi,non importa cosa dicono
Non ascoltare una parola di quello che dicono
perchè la vita è bella così.

Lacrime,un'ondata di lacrime
Luce,che lentamente scompare
Aspetta,prima di chiudere le tende
C'è ancora un altro gioco da giocare
e la vita è bella così.

Qui con i suoi occhi eterni
sarò sempre vicina quanto te
ricorda da prima
ora che sei là fuori con te stesso
ricorda cos'è vero
e quel che sognamo è solo amore.

Conserva la risata nei tuoi occhi
presto verrà premiato il tuo aspettare
non dimenticheremo i nostri dolori
e penseremo ad un giorno più allegro
perchè la vita è bella così.

Non dimenticheremo i nostri dolori
e penseremo ad un giorno più allegro
perchè la vita è bella così.
C'è ancora un altro gioco da giocare
e la vita è bella così.





La vita è bella (film 1997)


« Questa è una storia semplice eppure non è facile raccontarla, come in una favola c'è dolore, e come in una favola è piena di meraviglia e di felicità »
(La voce di Giosuè adulto, interpretata da Omero Antonutti, all'inizio del film)

La vita è bella è un film del 1997 diretto e interpretato da Roberto Benigni, interamente dedicato allo scottante tema dell'Olocausto.
Vincitore di tre premi Oscar, miglior film straniero, miglior attore protagonista (Roberto Benigni) e migliore colonna sonora (Nicola Piovani), su sette nomination totali, la pellicola vede protagonista Guido Orefice, uomo ebreo ilare e giocoso, che deportato insieme alla sua famiglia in un lager nazista, dovrà proteggere il figlio dagli orrori dell'olocausto.
È il film che ha consacrato Roberto Benigni a livello internazionale, e uno dei più grandi successi del cinema italiano della storia. Inoltre vanta numerosi primati: è il film italiano che ha incassato di più al mondo (220 milioni di dollari),[1] il più premiato agli Oscar,[2] il più visto al suo primo passaggio TV (oltre 16 milioni di spettatori)[3] e, fino al 2011, il film italiano di maggior incasso in Italia[4].

Trama


Italia, 1939. Guido Orefice è un uomo ebreo che, trasferitosi dalla campagna toscana, si reca dallo zio ad Arezzo con l'amico Ferruccio che durante il tragitto, dove viene scambiato per il re Vittorio Emanuele III, incontra una giovane maestra elementare di nome Dora, a cui subito dà il soprannome di principessa, innamorandosene. Arrivato in città, viene ospitato da suo zio Eliseo, maître del Grand Hotel, dove Guido si mette a lavorare come cameriere. Quello stesso giorno, in municipio, avviene un litigio con Rodolfo, arrogante burocrate fascista, in seguito al quale entrambi si danno il nome di "scemo delle uova", perché Guido appoggia alcune uova nel cappello di Rodolfo che, quando lo indossa, gli si rompono sulla testa.
Un giorno Guido, incontrando nuovamente Dora, scopre che è fidanzata con Rodolfo. Intanto, all'hotel, il cameriere fa anche amicizia con il dottor Lessing, un medico tedesco appassionato, come lui, di indovinelli. Saputo che un ispettore scolastico ospite dell'hotel è convocato il giorno dopo in una scuola elementare per una lezione antropologica a favore della razza ariana, trova uno stratagemma per sostituirsi a costui, pur di incontrare Dora che insegna nella stessa scuola.
Il vero ispettore arriva quando la lezione ha già ormai ridicolizzato l'obiettivo iniziale e Guido, fuggito poi da una finestra, ha raggiunto il suo scopo. Una sera Dora, con i suoi amici, va a teatro, Guido la segue e, con un altro stratagemma, la porta via a Rodolfo. I due quella sera parlano a lungo e Guido le confessa infine il proprio amore per lei. Qualche sera dopo, proprio al Grand Hotel, Rodolfo è in procinto di festeggiare il fidanzamento ufficiale con Dora, la quale non è mai stata veramente innamorata di lui, ma costretta al connubio dalla madre: la donna quindi decide di contraccambiare i sentimenti di Guido e, al termine della serata, va via con lui, che entra nel ristorante sul cavallo bianco dello zio Eliseo, incurante che sul dorso dell'animale ignoti avessero scritto "cavallo ebreo" (è già iniziata infatti la discriminazione razziale). A Rodolfo non rimane che incappare nell'ennesimo uovo, stavolta un grande uovo di struzzo etiope coloniale che rovina sulla sua testa.
 
Guido e Dora si sposano e dal loro amore nasce Giosuè. Sei anni dopo, nonostante l'invasione nazista, la famiglia è ancora felice: Guido ha finalmente aperto una libreria ma, proprio il giorno del compleanno di suo figlio, i due, insieme allo zio Eliseo, vengono catturati dai nazisti e caricati su un treno insieme ad altri ebrei per la deportazione in un lager. Dora, giunta a casa con la madre (che non aveva mai conosciuto Giosuè) e trovati i segni della colluttazione, arriva in tempo alla stazione per chiedere ai soldati di guardia di salire anche lei sul treno, pur non essendo ebrea, per seguire il marito ed il figlio: rivedrà di sfuggita suo marito soltanto in una occasione, all'arrivo al lager. 

Lo zio Eliseo, in quanto troppo anziano per lavorare, viene destinato subito alla camera a gas. Negli spogliatoi mostra un'ultima volta il suo contegno signorile, aiutando una donna delle SS a rialzarsi dopo che questa è scivolata, ricevendo in cambio un'occhiata di odio e rimprovero.
Pur di proteggere Giosuè dagli orrori della realtà, Guido sin dall'inizio del tragico viaggio in treno, racconta a Giosuè che stanno partecipando a un gioco a premi, in cui si dovranno affrontare numerose prove per vincere un carro armato vero. Si spaccia anche come interprete del comandante tedesco, per "tradurre" le regole del lager, imposte ai prigionieri, in un emozionante gioco. Col passare dei giorni Giosuè entra attivamente nel vivo del "gioco", tra le cui "regole" c'era quella di rimanere nascosti nella camera riservata a suo padre e ad altri prigionieri, in realtà per evitare che, una volta trovato, fosse destinato alla camera a gas.
 
Durante una visita medica prima della camera a gas, Guido incontra nuovamente Lessing, il medico tedesco del Grand Hotel, che sei anni prima era rientrato a Berlino proprio per prendere parte alla soluzione finale nei confronti degli ebrei. Lessing, ora membro del Partito Nazista, lo stesso lo risparmia dalla camera a gas, e gli offre il lavoro di cameriere ai tavoli di una cena degli ufficiali tedeschi. Guido si illude che il medico voglia mettere una buona parola per lui e per sua moglie, e riesce anche a far partecipare suo figlio, per sfamarlo dignitosamente, confuso tra gli altri figli di ufficiali nel tavolo a loro riservato. Grande sarà la sua delusione quando, quella stessa sera, il dottore lo chiamerà a sé soltanto per sottoporgli un assurdo indovinello a cui non trovava soluzione e per il quale era disperatissimo, facendo soltanto scoprire che era diventato pazzo per gli indovinelli. Padre e figlio, passando per il fumo del forno crematorio per non farsi scorgere, tornano al campo, dopo aver visto (solo Guido) una montagna di cadaveri ebrei scheletriti.
 
Una notte, all'improvviso, con la fine della guerra e dell'occupazione nazista, i soldati tedeschi iniziano freneticamente ad abbandonare il campo dopo aver fatto strage dei deportati rimasti. Guido riesce a nascondere Giosuè in una cabina dicendogli di giocare a nascondino e promettendogli di ritornare; mentre è alla ricerca della moglie si maschera da donna, e successivamente cerca di raggiungere il camion dove la tenevano prigioniera insieme ad altre donne, dicendole di saltare dal camion ma fallisce e viene scoperto; viene portato dietro ad un vicolo e, dopo aver fatto l'occhiolino a Giosuè (come segno di addio) viene fucilato da un soldato tedesco. Le scene finali del film mostrano come al mattino seguente il lager venga liberato dagli americani, mentre, presumibilmente, i soldati tedeschi rimasti vengono catturati.
 
Giosuè esce dalla cabina in cui era stato tutta la notte nascosto in silenzio ed è infine salvato da un soldato americano, che lo fa salire sul suo carro armato. Il bambino, convinto di aver vinto il premio finale, grida: "È vero!", mentre guarda il carro armato. Il film si conclude quando Giosuè, accompagnato in spalla dal soldato che lo ha trovato, riconosce sua madre, che cammina nel gruppo di prigioniere liberate e finalmente la riabbraccia, gridando felice: "Abbiamo vinto!".

Produzione


Inizialmente l'idea era quella di un film comico, dopo i successi di Jonnhy Stecchino e Il mostro, ma in seguito fu modificato il soggetto. Il film fu girato tra il novembre 1996 e l'aprile 1997, tra Arezzo, Montevarchi, Castiglion Fiorentino, Cortona, Ronciglione, Roma e Papigno (Terni) con il titolo Buongiorno Principessa ma successivamente cambiato. Benigni dichiarò: «Questo film, che si chiama La vita è bella, mi è venuto fuori, ma con emozione, tanto che mi ha fatto tremare tutte le costole del costato, ma anche a girarlo, ma bello, bello, è un film che non fa dormire la notte»[5]. Uno spunto alla scrittura del film gli è venuto dalla vicenda di Rubino Salmonì[6][7], che gli raccontò la sua storia di deportato e di sopravvissuto narrata in seguito nel libro Ho sconfitto Hitler[8][9].
 
Durante le riprese, Benigni ebbe comunque qualche esitazione: «La gente mi diceva di fare attenzione perché era una idea molto estrema, temevo di offendere la sensibilità dei sopravvissuti. Lo so che tragedia sia stata, e sono orgoglioso di aver dato il mio contributo sull'Olocausto e sulla memoria di questo terrificante periodo della nostra storia. Io non sono ebreo, ma la storia appartiene a tutti».
Il campo di concentramento nel film è in realtà una vecchia fabbrica dismessa nei pressi di Papigno (Terni) che fu riadattata come lager per le riprese. Secondo la sceneggiatura Guido fu portato al lager di Gries - Zona Industriale di Bolzano (è ben visibile il punto dove strada, fiume Isarco e ferrovia corrono attaccati prima di entrare nella piana di Bolzano). Il carro armato "premio", un M4 Sherman americano, è stato concesso per le riprese dal museo "Piana delle Orme" di Latina.
 
Da ricordare che questo fu l'ultimo dei 135 film di cui Tonino Delli Colli fu direttore della fotografia; e in un'intervista, alla domanda su cosa volesse dire lavorare con Benigni, rispose: «È proprio una bellezza». Benigni si avvalse della consulenza dello storico Marcello Pezzetti e di Shlomo Venezia, sopravvissuto di Auschwitz, che a quei tempi era uno dei Sonderkommando, cioè quelle unità speciali che avevano il compito di estrarre i corpi dalle camere a gas e cremarli. In seguito quasi tutti i Sonderkommando vennero uccisi, per tentare di mantenere il segreto sull'Olocausto: Venezia fu uno dei pochissimi sopravvissuti.
Il film fu distribuito nella sale italiane nel dicembre 1997 in un'edizione di 122 minuti. In seguito Benigni modificò il montaggio riducendo la durata a 116 minuti e aggiungendo nel finale la voce narrante di Giosuè adulto (interpretato da Omero Antonutti). Questa versione fu poi presentata al festival di Cannes 1998 e distribuita all'estero, ed è l'unica disponibile in home video.




Distribuzione


Distribuzione cinematografica


Uscì nelle sale cinematografiche italiane il 18 dicembre 1997 e fu un grande successo di critica e di pubblico. Arrivò negli USA nel settembre 1998, in un'edizione mutilata di 9 minuti, con alcuni tagli e l'eliminazione del personaggio di Lydia Alfonsi: incassò 57 milioni di dollari e fu accolto entusiasticamente da numerosi critici americani[10].
Il 23 agosto 1999 uscì sempre in America un'edizione doppiata in inglese, ma questa versione si rivelò un fallimento: in essa Benigni è doppiato dall'attore americano Jonathan Nichols mentre la napoletana Ilaria Borrelli e l'italo - americano James Falzone prestano la loro voce per i personaggi di Dora e del piccolo Giosuè. Il 10 gennaio 1999 papa Giovanni Paolo II ha visionato il film in una proiezione privata assieme a Roberto Benigni [11]: il comico toscano ha più volte dichiarato come, raccontando alla madre l'avvenimento, lei non gli abbia mai creduto.

Distribuzione televisiva

Quando il film fu trasmesso in TV per la prima volta da Rai 1 il 22 ottobre 2001, fu visto da 16.080.000 telespettatori, share del 53,67%, in assoluto il dato d'ascolto più alto per un film nella televisione italiana, battendo il precedente record d'ascolto di 14.672.000 telespettatori del film Il nome della rosa, che resisteva dal 1988[12].

Accoglienza


Critica


Al contrario dei precedenti film di Benigni, che sono stati sempre trattati in maniera controversa, questo fu un successo di critica: "È il sesto film di Benigni come regista, sicuramente il più difficile, rischioso e migliore; analizzando la pellicola si possono quasi vedere due film in uno, oppure un film in due parti, nettamente separate per ambientazione, tono, luce e colori. La prima spiega e giustifica la seconda, una bella storia d'amore, prima tra un uomo e una donna, poi per un figlio, ma allo stesso tempo l'una è la continuazione dell'altra."[13]. La pellicola riceve votazioni molto alte su vari siti che si occupano di recensire film: sul sito Rotten Tomatoes riceve l'approvazione da parte dell'80% dei critici e del 96% del pubblico, sul sito Internet Movie Database riceve un voto di 8,6/10, sul sito MYmovies una valutazione media di 4,35/5.[14][15][16]

Incassi

Il film è il quinto maggiore incasso di sempre tra i film visti in Italia con circa 31 milioni di euro, e la pellicola italiana con il maggior incasso della storia avendo incassato 228.900.000 dollari in tutto il mondo[17], a fronte di un costo di 15 miliardi di lire[18] Inoltre è il secondo in graduatoria fra i film non di lingua inglese più visti negli USA dopo la pellicola taiwanese La tigre e il dragone. Il film, nel 1997 fu, fino al 2001, il più grande incasso di sempre per un film non prodotto in America. [19]




Riconoscimenti


Durante la cerimonia degli Oscar del 21 marzo 1999 ha ricevuto ben 3 statuette su 7 nomination, per il migliore attore protagonista (Roberto Benigni), la migliore colonna sonora e il miglior film straniero.
L'attrice Sophia Loren consegnò a Benigni la statuetta per il miglior film straniero ed egli, dalla felicità, balzò sulle poltrone degli spettatori e in uno stentato inglese divertì il pubblico americano. Poi furono premiati Nicola Piovani per le musiche e lo stesso Benigni come miglior attore, dalle mani dell'attrice Helen Hunt, diventando il primo interprete italiano (e il primo attore non-anglofono in assoluto) a ricevere l'Oscar al miglior attore recitando in un film in lingua straniera. Inoltre Giorgio Cantarini, interprete di Giosuè, vinse lo Young Artist Awards, ovvero il premio dato ai giovani attori, diventando non solo il più giovane a vincerlo, 6 anni, ma anche l'unico di nazionalità italiana, considerandolo come un vero e proprio record, essendo solo gli attori bambini statunitensi a riceverlo.
A Roma salutò l'allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro stringendogli la mano ed esclamando: "Ho l'Oscar nelle mie mani!". Ricevette comunque oltre 40 premi internazionali, tra cui 5 Nastri d'argento, 9 David di Donatello, il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes - dove Benigni s'inginocchiò davanti a Martin Scorsese - e un premio medaglia a Gerusalemme.

Edizioni home video

Nel 2002 è uscita in Italia un'autorevole edizione in DVD, con un'intervista, il making of in inglese con sottotitoli, il dietro le quinte (con scene di prova inedite), la cerimonia degli Oscar, il ricevimento di altri vari premi (Palma della critica a Cannes, Cesar, David di Donatello, BAFTA), il trailer originale statunitense, una galleria fotografica, il cast completo con biografia e filmografia dettagliata. Nel 2005 è uscito il DVD negli Stati Uniti d'America, nella versione sottotitolata. Nel 2010 è uscita la versione Blu-ray con diversi contenuti extra.

Ascolti TV

Di seguito sono indicati i vari passaggi televisivi de La vita è bella.

Passaggio TV Rete Data Telespettatori Share
1 - Prima Visione Italia Rai 1 22 ottobre 2001 16.080.000 53,67 %
2 Rai 1 2 dicembre 2002 9.918.000[20] 33,78 %
3 Rai 1 30 settembre 2004 6.447.000[21] 25,8 %
4 Rai 1 1° novembre 2005 5.564.000[22] 21,77%
5 Canale 5 17 novembre 2010 6.014.000[23] 24,10%
6 Rai 1 27 gennaio 2013 7.293.000[24] 27,22 %
7 Rai 1 17 luglio 2013 3.249.000[25] 16,39 %

Citazioni e riferimenti


  • Il titolo del film è tratto da una frase del testamento di Lev Trotsky[26]. La frase intera è:

« La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza e goderla in tutto il suo splendore. »

  • Il numero della divisa indossata da Guido nel campo di lavoro è lo stesso indossato da Charlie Chaplin ne Il grande dittatore.
  • Sono presenti almeno due tributi a Massimo Troisi, grande amico di Benigni: uno è quello della scena del teatro dove il protagonista cerca di far girare la maestra con la "telepatia" dicendo "Voltati, voltati...", scena ripresa da Ricomincio da tre, film in cui Troisi in una delle scene iniziali, cerca di far avvicinare un vaso utilizzando la stessa tecnica; il secondo tributo è la scena in cui Benigni per incontrare la maestra percorre tutto il quartiere in corsa sfinendosi.