06/01/12

Don Giovanni (opera - W. A. Mozart)

Una antica leggenda, che la tradizione orale ha diffuso per secoli in centinaia di versioni nel folkore di tutta Europa, narra la storia di un giovane gaudente sbadato che, imbattutosi lungo un sentiero nel cranio di un morto, lo prende a calci e lo invita derisoriamente a cena. Più tardi, lo scheletro si presenta davvero ai convitati atterriti, ma si rifiuta di consumare cibo terreno e ricambia l'invito al giovane sacrilego, che deve accettare e alla fine muore, o perlomeno visita l'Aldilà. 
Qui stanno le origini del nucleo essenziale della storia di Don Giovanni, il dissoluto punito, che soprattutto la versione teatrale di Molière (1622-1673) e quella operistica di W. A. Mozart (1756-1791), su libretto di 
L. da Ponte, hanno reso immensamente celebre. Nel film biografico su Mozart, "Amadeus", Salieri (anche esso musicista di corte) spiega al sacerdote in confessione come Mozart abbia composto l'opera immaginando il ritorno del padre Leopold dall'Aldilà per giudicarlo davanti al mondo della sua vita scellerata. In conclusione il DON GIOVANNI ha molto da dire in chiave esoterica, non dimenticando l'affiliazione alla Massoneria di Mozart.




Intervento di Marco Vinco, cantante lirico:
“Anche se le righe che ho a disposizione sono poche, per poter dire qualcosa del mio Leporello debbo almeno toccare quelli che io considero alcuni passaggi fondamentali. 
Don Giovanni è un’opera che parla del Sovrannaturale, quello con il maiuscolo dal momento che lo stesso Mozart lo identifica con un personaggio in carne ed ossa, il Commendatore. Sebbene per molti tale affermazione possa sembrare banale, vi assicuro che non lo è affatto poiché sempre più spesso i registi, per l’insensato gusto del “diverso per il diverso” che ormai va tanto di moda, ne riducono gli elementi metafisici a banali allucinazioni o sogni del protagonista, facendo per esempio apparire Don Giovanni come un tossicodipendente o un sognatore in preda a delle visioni, sostituendo l’ingresso alla scena finale del Commendatore con una proiezione della mente causata da un delirio mentale momentaneo. Il risultato di simili esperimenti è quello di una totale banalizzazione del contenuto e, mi permetto di dire, anche della forma dell’opera stessa, conseguenze del tutto evitabili se invece ci si preoccupasse di ascoltare la musica e leggere il libretto. Togliendo l’elemento Metafisico, il Mistero, oltre a togliere ogni fascino all’intera opera si cade nell’equivoco clamoroso di considerare il personaggio di Don Giovanni sullo stesso piano del banale Casanova. Purtroppo o per fortuna esso è molto di più, egli vive in un’altra dimensione rispetto ai terreni, vede aldilà di ciò che vedono le persone semplici, non prova gusto a sedurre le donne come lo proviamo noi, ma prova una smania di possederle per sfidare l’Assoluto. Il rapporto, la relazione tra egli e il Metafisico, che è sempre conflittuale, si può quindi indicare precisamente con la parola dramma. E’ in forza della lotta con Esso che nasce la violenza del personaggio, non tanto, come tutti cercano di far sembrare, in forza di una particolare inclinazione del suo temperamento o atteggiamento esteriore. Don Giovanni è totalmente lontano dalla terra, dall’umanità, dall’amore, dal senso di colpa. Non è un uomo, è altro, non a caso si parla di mito."

http://www.nonsolocinema.com/Don-Giovanni-di-Wolfgang-Amadeus_17592.html

W. A. Mozart

"Qui stanno le origini del nucleo essenziale della storia di Don Giovanni, il dissoluto punito, che soprattutto la versione teatrale di Molière (1622-1673) e quella operistica di W. A. Mozart (1756-1791), su libretto di L. da Ponte, hanno reso immensamente celebre. Su quest'ultima in particolare appunteremo brevemente la nostra attenzione. Un'innovazione introdotta rispetto alla leggenda popolare sta nel fatto che Don Giovanni proprio all'inizio dell'opera aveva ucciso in un duello l'austero Commendatore, accorso in difesa della figlia che il libertino stava vittoriosamente seducendo; il Morto, dunque, ha una precisa identità. L'incontro avviene nella scena 12 dell'atto II (Cimitero circondato da un muro; diversi monumenti equestri, fra cui quello del Commendatore. Chiaro di luna): la voce solenne e terribile che proviene dalla statua ("di rider finirai pria dell'aurora [...] Ribaldo audace! / Lascia a' morti la pace.") interrompe la sacrilega risata di Don Giovanni e anticipa la conclusione drammatica della vicenda. È, anche nei suoi caratteri musicali di fissità ieratica, la voce stessa del Sacro, del soprannaturale.
Ma il Dissoluto non si adegua alla nuova dimensione che gli si affaccia di fronte, e la risposta è sprezzante: l'invito a cena rivolto al "vecchio buffonissimo". L'invito è accettato e nella scena 17 il Convitato di pietra si presenterà, imponendo una terrificante svolta al clima drammatico e musicale, al cospetto di Don Giovanni immerso nei bagordi ("vivan le femmine!/Viva il buon vino!").
L'insistenza di questa scena sul tema del cibo e dell'ingordigia di Don Giovanni può far pensare a una traccia di antichi rituali mortuari: il libertino sta in realtà consumando il suo pasto funebre. Certo è proprio il tema del cibo a sancire la barriera fra i due mondi: "non si pasce di cibo mortale/chi si pasce di cibo celeste". La conclusione segue l'antica leggenda popolare nel motivo dell'invito a cena ricambiato da parte del messaggero dell'aldilà, ma vi aggiunge il grande scontro fra la dimensione morale ("Pèntiti, cangia vita:/è l'ultimo momento") e quella del rifiuto, della ribellione pervicace.
È così che in Don Giovanni sprofondato all'inferno (un finale tragico per una 'opera buffa') si sono potuti vedere (specie nelle interpretazioni otocentesche) i tratti di una sorta di eroe del moderno libero pensiero. Non sapremo mai se o quanto Mozart sarebbe stato d'accordo."



Trama e storia completa dell'opera :  
http://it.wikipedia.org/wiki/Don_Giovanni_%28opera%29

ATTO II - SCENA XVII.
Nel palazzo di Don Giovanni, tutto è pronto per la cena: la tavola è preparata, i musicisti sono al loro posto ecc... Quindi Don Giovanni si siede a mangiare. Il licenzioso cavaliere si intrattiene ascoltando brani delle opere: Una cosa rara di Vicente Martín y Soler, Fra i due litiganti il terzo gode di Giuseppe Sarti e in fine in una spiritosa autocitazione, Le nozze di Figaro, in quel caso, l'aria di Figaro Non più andrai farfallone amoroso dello stesso Mozart (Già la mensa è preparata). Giunge all'improvviso Donna Elvira, che implora ancora una volta a Don Giovanni di pentirsi, ma questi si prende gioco di lei e la caccia via. La donna esce di scena, ma la si sente gridare terrorizzata. Don Giovanni ordina a Leporello di andare a vedere cosa stia accadendo là fuori e si sente un altro grido e questa volta è Leporello a tornare pallidissimo e tremante: alla porta c'è la statua del Commendatore! Dato che il servo è troppo spaventato, lo stesso Don Giovanni, allora, si reca ad accoglierla a testa alta mentre il servo si nasconde sotto al tavolo (Ultima prova dell'amor mio). Entra quindi la statua del Commendatore vedendo Don Giovanni stupìto e Leporello tremante che cerca di convincere il padrone a scappare, malgrado egli rifiuti.
Il "convitato di pietra" vuole ricambiare l'invito, e propone a Don Giovanni di recarsi a cena da lui, porgendogli la mano. Impavido e spericolato, Don Giovanni accetta e stringe la mano della statua: pur prigioniero di quella morsa letale, rifiuta fino all'ultimo di pentirsi. Il Commendatore, molto arrabbiato, scompare in mezzo a nubi di foschia, improvvisamente compare fuoco da diverse parti e si sente un gran terremoto; sono demoni e diavoli che stanno richiamando il libertino all'inferno. Egli cerca di sfuggire al suo destino ma il potere dei mostri è troppo forte e Don Giovanni viene inghiottito dalle fiamme dell'inferno (Don Giovanni a cenar teco).


TESTO DEL LIBRETTO :

atto
Secondo
scena
Diciassettesima
Don Giovanni, Leporello e la statua del Commendatore; poi coro interno.
Don Giovanni ritorna seguìto dal Commendatore.
Andante
Archi, 2 Flauti, 2 Oboi, 2 Clarinetti in si bem., 2 Fagotti, 2 Corni in fa, 2 Trombe in re, Timpani in re la, 3 Tromboni (Alto, Tenore, Basso).
COMMENDATORE
Don Giovanni! a cenar teco
m'invitasti, e son venuto.
DON GIOVANNI
Non l'avrei giammai creduto,
ma farò quel che potrò.
(a Leporello)
Leporello, un'altra cena
fa' che subito si porti!
LEPORELLO
(mezzo fuori col capo dalla mensa)
Ah, padron!... Siam tutti morti!
DON GIOVANNI
Vanne, dico...
(Leporello, con molti atti di paura, va per partire)
COMMENDATORE
Ferma un po'!
Non si pasce di cibo mortale
chi si pasce di cibo celeste.
[Insieme]
LEPORELLO
La terzana d'avere mi sembra,
e le membra fermar più non so.
COMMENDATORE
Altre cure più gravi di queste,
altra brama quaggiù mi guidò!
DON GIOVANNI
Parla, dunque: che chiedi? che vuoi?
[Insieme]
DON GIOVANNI
Parla, parla: ascoltando ti sto.
LEPORELLO
E le membra fermar più non so.
COMMENDATORE
Parlo, ascolta: più tempo non ho.
COMMENDATORE
Tu m'invitasti a cena:
il tuo dover or sai.
Rispondimi: verrai
tu a cenar meco?
LEPORELLO
(al Commendatore)
(da lontano, tremando)
Oibò!
Tempo non ha... scusate.
DON GIOVANNI
A torto di viltate
tacciato mai sarò!
COMMENDATORE
Risolvi!
DON GIOVANNI
Ho già risolto!
COMMENDATORE
Verrai?
LEPORELLO
(a Don Giovanni)
Dite di no.
DON GIOVANNI
Ho fermo il core in petto,
non ho timor: verrò!
COMMENDATORE
Dammi la mano in pegno!
DON GIOVANNI
Eccola!
(grida forte)
Più stretto
DON GIOVANNI
Ohimè!
COMMENDATORE
Cos'hai?
DON GIOVANNI
Che gelo è questo mai!
COMMENDATORE
Pèntiti, cangia vita:
è l'ultimo momento!
DON GIOVANNI
(vuol sciogliersi, ma invano)
No, no, ch'io non mi pento:
vanne lontan da me!
COMMENDATORE
Pèntiti scellerato!
DON GIOVANNI
No, vecchio infatuato!
COMMENDATORE
Pèntiti.
DON GIOVANNI
No.
COMMENDATORE
Sì.
DON GIOVANNI
No.
COMMENDATORE
Ah! tempo più non v'è!
(fuoco da diverse parti, tremuoto, etc. Il Commendatore sparisce)
Allegro
DON GIOVANNI
Da qual tremore insolito...
sento... assalir... gli spiriti...
Donde escono quei vortici
di fuoco pien d'orror?...
CORO
invisibile; soli bassi
Tutto a tue colpe è poco.
Vieni: c'è un mal peggior!
A due; e poi nuovamente, insieme col coro
[Insieme]
LEPORELLO
Che ceffo disperato!...
Che gesti da dannato!...
Che gridi! che lamenti!...
Come mi fa terror!...
DON GIOVANNI
Chi l'anima mi lacera!...
Chi m'agita le viscere!...
Che strazio! ohimè! che smania!
Che inferno!... che terror!...
CORO
Invisibile
Tutto a tue colpe è poco.
Vieni: c'è un mal peggior!
(il fuoco cresce. Don Giovanni si sprofonda)
DON GIOVANNI,
Ah!
LEPORELLO